Che cosa cerchi?
i passi di un pellegrino
a cura di don Donatello De Felice
Papa Francesco nel messaggio per la Giornata Mondiale della Gioventù di quest’anno inizia dicendo:
“Carissimi giovani, siamo giunti all’ultima tappa del nostro pellegrinaggio a Cracovia”. Questa sera qui, tutti, o quasi, stiamo per partire per Cracovia e il Papa ci dice che questo non può essere un semplice viaggio, che la GMG non sarà solo un grande evento ma che questa esperienza è stata pensata e ci viene proposta per essere un vero e proprio pellegrinaggio. Immagino che per molti di noi risulti strano pensare ai giorni che verranno come ad un pellegrinaggio, infondo avremo pullman che ci accompagneranno, famiglie che ci accoglieranno, acqua e cibo a volontà. Potremmo far fatica a intendere la GMG come un pellegrinaggio forse perché il nostro senso comune associa il pellegrinaggio ad un percorso a piedi, faticoso, lungo, caratterizzato dalla solitudine, dalla penitenza e dal silenzio.
Credo però che la strada da percorrere, la fatica, la solitudine e il silenzio siano sì delle caratteristiche del pellegrinaggio ma che non bastino a rendere un qualsiasi cammino, un pellegrinaggio.
Mi spiego meglio. Qual è l’azione propria del pellegrino? Cosa lo rende un pellegrino? Camminare?
Non tutti i cammini sono pellegrinaggi. Anche per fare compere si cammina, o per mettersi in forma si cammina, eppure né chi fa shopping né chi cura la linea è un pellegrino. Cosa ti rende un pellegrino?
La fatica? Anche un maratoneta fatica, eppure non è un pellegrino. La solitudine? Anche chi va a correre la mattina presto può scegliere la solitudine, ma non per questo è un pellegrino. Il silenzio?
Anche chi ama pescare sceglie il silenzio, eppure non è un pellegrino. Allora cosa ti rende un pellegrino? C’è un aforisma che trovai scritto su un muro di un ostello sul cammino per Santiago che recita: “il turista viaggia, il viandante cammina, il pellegrino cerca!”.
Curioso no? Il proprio del pellegrino, prima di camminare o di farlo in un determinato modo, è cercare! Credo profondamente in questo, e credo anche che essere qui per tutti quanti noi stasera sia un’occasione per chiederci: io sto partendo per Cracovia, ma ci sto andando da pellegrino? O mi basta andarci da semplice turista animato da curiosità ed entusiasmo? O da normale viandante che cerca le esperienze più strane per poi poter dire semplicemente “io c’ero”? Sto partendo da giovane pellegrino? Cioè: sto partendo perché infondo cerco qualcosa? E cosa sto cercando?
Questa domanda è la domanda delle domande per un giovane! Forse l’avrete già sentito in altre occasioni ma mi piace ricordare che nel Vangelo di Giovanni le prime parole dette da Gesù formano una domanda per quei due che avevano preso a seguirlo: “che cosa cercate?”. Le prime parole di Gesù scritte nel Vangelo sono una domanda, e non una domanda qualsiasi ma la domande delle domande: che cosa cercate! Credo sia importante che ognuno la senta rivolta a sé questa domanda questa sera: che cosa cerchi?
E se questa è la domanda delle domande, non ci si può accontentare di dare risposte preconfezionate, semplici o frettolose. A cosa dobbiamo guardare per trovare cosa cerchiamo veramente, che cosa mi rende veramente felice, quale direzione sto dando alla mia vita? Penso che occorra guardare, fermarsi a guardare la propria vita, intendo la propria quotidianità, gli affetti, le emozioni, le gioie e i dolori, i sogni, i desideri ma anche le ansie e le paure per il domani. Occorre guardare in profondità il proprio cuore. E probabilmente cercando di rispondere alla domanda delle domande ci imbatteremo in altre domande, le mie domande, quelle che vengono fuori dal profondo, quelle che senza fare troppo rumore accompagnano e segnano ogni mio passo. Esattamente come quei due che poco prima delle quattro del pomeriggio seguivano Gesù. Alla domanda: che cosa cerchi? Spesso la risposta è un’altra domanda.
Cosa cercate? Maestro dove abiti? Una domanda di senso. Ci potremo forse sentire impantanati nei perché. E in questi giorni, chi non si è posta la domanda sul perché di ciò che è successo a pochi come a molti chilometri da noi. Perché? O forse la domanda sarà: per chi? Per chi vale la pena spendersi, impegnarsi, decidersi? O forse qualcuno impatterà con la domanda: come? Come posso rendere questo mondo migliore di come l’ho trovato? Come vuoi che ti segua Signore? Come posso vincere queste mie fragilità o curare queste ferite del cuore? Oppure come posso andare avanti in questa relazione o in questa situazione o in questo corso di studi o chissà che altro… Il pellegrino cerca! Partiamo da pellegrini stando, rimanendo anche se faticosamente in compagnia delle nostre domande, portiamocele con noi, anche quelle più ingombranti.
Ho capito infatti che sa trovare la risposta alla domanda delle domande solo chi riesce a stare solo con se stesso. Solo chi vince la paura di ascoltare il proprio cuore e questo un pellegrinaggio ti obbliga ad impararlo perché anche se si cammina insieme ad altri, il cammino ti chiede di guardarti dentro, di leggerti dentro e per questo molto spesso anche gli altri, quelli che camminano con te, ti aiutano a conoscerti, a capirti perché spesso chi cammina con te ti fa da specchio. Infondo nella vita di ogni giorno questo è il ruolo della guida spirituale, sei tu a fare il cammino ma accanto a te c’è chi ti è di sostegno, di incoraggiamento o da freno in alcuni casi e forse per chi parte, questa GMG potrà servire a trovare il coraggio di scegliersi una guida spirituale primo nuovo e decisivo passo per camminare sul serio dietro il Signore.
Aggiungo allora che sa trovare la risposta alla domanda delle domande solo chi sa stare solo con se stesso e sa anche aprirsi con fiducia agli altri perché sa di non bastare a se stesso.
Tutto questo mi pare sia ben rappresentato da un semplice zaino. Per chi intende fare un cammino a piedi, da pellegrino, nello zaino sei chiamato a mettere tutto, devi essere capace di scegliere l’essenziale rinunciando al superfluo, sapendo che probabilmente ti capiterà che lungo il cammino il peso dello zaino ti farà ritenere non essenziale ciò che prima di partire ritenevi esserlo. Spesso però quando si cammina insieme capita che nei rispettivi zaini ci si divida le cose comuni o addirittura si possa portare cose degli altri perché quel giorno chi hai accanto non è al massimo, e sai che lo stesso farà lui per te quando sarai tu a non stare bene. Insomma lo zaino è ciò che ti fa dire: sono pronto, possiamo partire!
Lo zaino è scuola di essenzialità. Lo zaino è possibilità di farsi prossimo. Anche noi saremo chiamati a farci uno zaino tra qualche giorno o forse qualcuno ha già iniziato. Potremmo metterci di tutto prima di partire per Cracovia, infondo non dobbiamo affrontare percorsi troppo lunghi ad eccezione dell’ultimo giorno, non ci sono stati posti limiti di peso o di grandezza, ma non per questo il nostro farci lo zaino non sarà una scuola di essenzialità, forse non tanto materialmente ma senz’altro spiritualmente.
Ci dia coraggio in questo un giovane pellegrino che dalla Francia, portandosi domande grandi, intorno al 1400 decise di incamminarsi verso Roma per compiere il suo personale pellegrinaggio all’indomani della morte dei suoi cari, con il fermo proposito di non rivelare ad alcuno la sua identità per non godere di alcun privilegio a motivo delle sue origini benestanti. Sì, ci dia coraggio Rocco da Montpellier, giovane pellegrino che più e più volte fermò il suo cammino per prestare soccorso, prendersi cura come buon samaritano, lui che era anch’egli uno straniero, dei tanti appestati del tempo che incontrava in ogni città che attraversava, senza il timore di essere contagiato, perché il suo vero pellegrinaggio più che verso Roma era verso l’altro, il più lontano, il più difficile da raggiungere, il più escluso. Ci dia coraggio Rocco da Montpellier, giovane pellegrino. ad anteporre gli altri a noi stessi anche quando saremo stanchi e non sopporteremo le file per la doccia o per mangiare. Ci dia coraggio a vivere questo non come un semplice viaggio da affrontare con curiosità e spensieratezza, ma come un appuntamento datoci dal Signore per parlare al nostro cuore e forse per dirci qualcosa di unico che solo chi ha un cuore aperto e disponibile può ascoltare, così come lui 600 anni fa intese anche il momento faticosissimo della malattia che accolse con coraggio. Allora partire per Cracovia da pellegrino significherà non lasciare qui proprio l’essenziale del pellegrino: la domanda delle domande. Cosa sto cercando?